“118? Ho rotto le acque, aiuto”. Fatto nascere e salvato sul pianerottolo


Il progetto era quello di partorire in ospedale, ma evidentemente il piccolo aveva troppa fretta di nascere e così una mamma 30enne di Vercelli ha dato alla luce il suo bambino sul pianerottolo di casa sua. Dopo le prime contrazioni avute nella notte tra il 24 e il 25 aprile, la donna ha chiamato il 118 e Zakaria, questo il nome scelto per il bimbo non è riuscito ad aspettare fino alla struttura ospedaliera.

Mamma e piccolo, con i suoi quasi 3 chili e 400 grammi di vita, dopo il parto sulle scale del palazzo di via Natale Palli, all’Aravecchia, quartiere in periferia a Vercelli dove la famiglia vive, stanno bene. A chiamare i soccorsi era stata la madre, come racconta il Corriere della Sera. “Ho rotto le acque, sto per partorire”, ha detto alla centrale del 118 a cui ha richiesto aiuto. Con lei in casa solo la suocera, senza patente e un’amica. Il marito era fuori casa per lavoro. (Continua dopo la foto)



Ma all’arrivo dei soccorritori non c’era tempo di trasportarla in sala parto: la 30enne era pronta a dare alla luce il suo bimbo. E così, dopo aver sistemato delle coperte a terra, Adil Ramzi e Gabriele Gobbato, i due operatori sanitari, l’hanno fatta sdraiare sul pianerottolo. Poche spinte dopo e il piccolo Zakaria è nato. Ma il cordone ombelicale era attorcigliato alla testa del bambino che aveva problemi a respirare. (Continua dopo la foto)






“Le dicevo ‘spingi, non respira’ per accelerare il parto – ha spiegato Adil, in Croce Rossa dal 2013 – Poi una volta che ho avuto in braccio il piccolo, ho visto che era cianotico, così l’ho massaggiato per 4 secondi, gli ho dato un paio di colpetti e finalmente ha iniziato a piangere. Una gioia immensa sentire quel suono”. Mamma e figlio sono stati poi portati in ospedale e, come detto, stanno entrambi bene. “Siamo contentissimi, è stata un’esperienza difficile – ha aggiunto Adil – Siamo poi riusciti a contattare il padre e a tranquillizzarlo. Ci ha raggiunti in ospedale insieme al primogenito”. (Continua dopo la foto)



 


“Mi era già capitato un caso simile, ma non così complicato – ha detto ancora Adil Ramzi, che da 35 anni vive in Italia e da 6 opera per la Croce Rossa – Ci vuole sangue freddo: in pochi secondi bisogna compiere le operazioni giuste. Grazie ai numerosi corsi tenuti dalla collega Arianna Vescovo siamo ben formati e quindi in grado di intervenire durante emergenze come queste. Siamo noi i primi ad essere felici per questo lieto fine: il padre ci ha ringraziato infinite volte e ha voluto che la prima foto di Zakaria fosse proprio in braccio a noi”, ha concluso.

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