Si chiama Fabio Pruneri ed è un genio. No, non stiamo esagerando, perché Fabio, 19 anni, diplomato allo scientifico Alessandro Volta di Milano, ha un medagliere gremito di ori, argenti, e bronzi per le varie competizioni informatiche e un biglietto di ingresso per Harvard staccato quest’estate. L’ultimo successo sono le Olimpiadi di Informatica in Giappone che ormai non gli fanno più effetto perché: “Dopo che ne fai a centinaia di gare, cominci a essere sempre più lucido” dice, col sorriso giocoso di chi 20 anni non li ha nemmeno compiuti e che adesso: “Non gioco più a calcetto ma a frisbee”.
Un ragazzo umile che sembra quasi non accorgersi della fortuna che ha. “La prima volta che sono entrato ad Harvard, l’ho fatto in metropolitana, quindi l’impatto non è stato così epico. Harvard è stimolante, imponente. Tenuta in maniera ineccepibile. Questi mattoncini rossi ordinati danno il senso di storia. Poi è enorme e la cultura che si respira è proprio quella americana. Quella del fare, quella della voglia di mettersi in gioco e di primeggiare. Io non sono d’accordo al cento per cento con questa filosofia, ma mi piace”. (Continua dopo la foto)
Duro il confronto con casa: “L’Italia è bellissima, però la scuola non mi ha mai trattato molto bene. Non mi ha permesso di alzare l’asticella, di andare oltre gli standard. È un’educazione ottima, ma tende a conformare tutti, ad appiattire tutto. Non premia l’eccellenza, non ti invoglia a fare quel passo in più”. (Continua dopo la foto)
I costi non sono altissimi: “Perché mai? È praticamente gratuito. I miei fanno lavori normalissimi, pagano solo i bolli. Tu devi pensare che l’Università vive sulle sovvenzioni degli ex studenti. Chi esce da qua di solito diventa ricchissimo. L’anno scorso uno di loro ha costruito un intero edificio, la scuola di ingegneria. Parliamo di 400 milioni”. (Continua dopo la foto)
E a casa non va tanto bene: “Le mie esperienze italiane non sono state positive. Ti faccio un esempio: un qualunque corso di Analisi 1 in Italia è pieno. 400 studenti per ogni aula. Qua invece siamo più seguiti. Classi piccole e il rapporto col docente è immediato. I professori sono disponibili e ti invogliano a fare gavetta a seguirli nelle loro imprese. Ce n’è uno qui con il quale vorrei programmare”. Poi parla delle Olimpiadi: “Quelle sono un bene. Promuovono il talento, l’eccellenza. Ce n’è bisogno. Perché altrimenti finisce con l’essere tutto omologato e tutto verso il basso”.
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Ultima modifica il 26-02-2019 alle ore 18:15/